CAPITOLO 17 - LA MIA CHIAMATA A PREDICARE IL VANGELO
Per mesi fui spinta ad esortare e pregare con la gente, nelle mie visite di casa in casa; e nelle riunioni tutta la mia anima sembrava tesa alla salvezza delle anime. L'amore di Cristo in me non era limitato. Alcuni dei miei amici erroneamente dicevano che ero troppo fanatica, ma il desiderio di lavorare per il Maestro, e di promuovere la gloria del suo regno nella salvezza delle anime, era cibo per la mia anima.
Quando fui chiamata da Dio, in un'occasione particolare, a un'opera determinata, dissi: "No, Signore, non io". Giorno dopo giorno ero più colpita dal fatto che Dio mi avrebbe fatto lavorare nella sua vigna. Pensavo che non poteva essere che fossi chiamata a predicare, io, così debole e ignorante. Tuttavia, sapevo che tutte le cose erano possibili a Dio, anche per confondere i saggi con le cose stolte di questa terra. Eppure in me c'era una paura.
Portai tutti i miei dubbi e le mie paure al Signore in preghiera, quando, quello che sembrava un angelo, fece la sua comparsa. Aveva in mano una pergamena, su cui c'erano queste parole: "Ti ho scelto per annunziare il mio Vangelo senza indugio". Nel momento in cui i miei occhi lo videro, sembrava stampato sul mio cuore. L'angelo se ne andò in un istante e io, in agonia, gridai: "Signore, non posso farlo!" Erano le undici del mattino, eppure tutto si fece scuro come la notte. L'oscurità era così grande che temevo di muovermi.
Alla fine entrò "Mamma" Riley. La stanza diventò più chiara e io mi alzai dalle ginocchia. Il mio cuore era così appesantito che a malapena riuscivo a parlare. La cara "mamma" Riley vide la mia angoscia e presto mi lasciò sola.
Da quel giorno il mio appetito mi venne meno e il sonno fuggì dai miei occhi. Ero come una donna tormentata. Pregavo, ma non mi sentì meglio. Appartenevo a un gruppo di sorelle che amavo teneramente, e a loro aprì parzialmente il mio cuore. Uno di loro subito capì il mio stato e mi consigliò di fare come Dio mi aveva ordinato, altrimenti non sarei mai stata felice qui o nell'aldilà. Ma sembrava troppo difficile: non potevo arrendermi e obbedire.
Una notte, mentre stavo piangendo e supplicando il caro Signore di togliermi questo peso, apparve lo stesso angelo che era venuto prima da me, e sul suo petto c'erano queste parole: "Sei perduta se non obbedisci ai giusti comandi di Dio". Vidi la scritta, ed era sufficiente. Mi coprii la testa e svegliai mio marito, che era tornato qualche giorno prima. Mi chiese perché tremassi tanto, ma non avevo il potere di rispondergli. Rimasi in quella condizione fino al mattino, quando cercai di alzarmi e di svolgere i miei soliti doveri, ma ero troppo malata. Poi mio marito chiamò un medico, che prescrisse delle medicine, ma non mi sono servite.
Mi ero sempre opposta alla predicazione delle donne e mi ero espressa contro di essa, anche se, lo riconosco, senza fondamento. La situazione si ergeva davanti a me come una montagna, e quando pensai alle difficoltà che dovevano incontrare, sia da credenti che da non credenti, mi tiravo indietro e gridavo: "Signore, non posso andare!" Il problema che il mio Padre celeste ha avuto per tenermi lontano dal fuoco che non si spegne mai, Lui solo lo sa. Mio marito e i miei amici dissero che sarei morta o impazzita se non fosse successo presto qualcosa di favorevole. Mi aspettavo di morire e di andare in perdizione, sapendo di essere stata illuminata e di aver gustato il dono celeste. Leggevo continuamente il sesto capitolo di Ebrei.
CAPITOLO 18 - ALTRE VISITAZIONI CELESTI
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